L’asino Pasquale va in convento

L’asino Pasquale va in convento

…se ti comporti bene, quando sarai vecchio, ti manderò all’ospizio dalle suore!»

Una trentina d’anni fa, lavoravo alle dipendenze di un possidente che aveva terreni e bestiame, e il mio lavoro consisteva nel fare un po’ di tutto.
Lavoravo alle sue dipendenze da qualche anno, quando un giorno mi chiamò e mi disse: «Devo farti una proposta, porteresti Pasquale ad Iglesias, in un convento di suore alle quali l’ho venduto?» La proposta mi lasciò un po’ perplesso, ma ero abituato a dire “si” e così risposi anche quella volta.

Il mio principale aveva comprato Pasquale in età di lavoro e per una decina d’anni l’aveva impiegato a tirare un piccolo aratro per lavorare la terra dell’orto. A Siliqua, chiunque avesse un pezzo di terra, nella buona stagione preparava l’orto. Anno dopo anno, nei solchi fatti dall’aratro di Pasquale erano nati e cresciuti ortaggi d’ogni tipo: fave, piselli, patate. Fagioli, cipolle, pomodori, lattughe, cavoli, e tanti altri ancora. Ormai, dopo tanti anni il passo di Pasquale, non era agile come una volta, e forse era arrivato per lui il momento di lavorare meno.
Partimmo un sabato di buon mattino, ma ebbi subito un problema. Pasquale era abile con l’aratro, ma non aveva mai portato un uomo sulla groppa, ed io per qualche tratto di strada avrei voluto cavalcarlo, perciò fui costretto a passare per una strada campestre, per paura che Pasquale mi disarcionasse e nella strada provinciale, cadere, poteva essere pericoloso, benché il traffico non era quello attuale. Eravamo ai primi di maggio, e il caldo si faceva sentire. Arrivati a Berlingheri, (tenuta agricola distante pochi Km, da Siliqua), feci riposare Pasquale, e mi riposai anch’io. Riprendemmo il cammino, e sempre seguendo sentieri campestri, arrivammo a Domusnovas e di li proseguimmo in direzione d’Iglesias. Alternando tratti di strada a piedi e tratti in groppa a Pasquale, che si dimostrò lento ma docile, dopo quattro o cinque ore, fummo in vista della città. Pasquale si comportò bene anche in mezzo alla gente, che incontravamo per le vie d’Iglesias, in vero non troppo affollate, perché era quasi l’ora del pranzo. Chiesi subito ad un passante dove fosse il convento che cercavo, e una volta arrivato bussai al portone. Aprì una suora alla quale chiesi se aspettassero la consegna di un somaro. Lieta, mi rispose di si, e subito volle sapere il nome dell’animale. Conosciutolo, gli rivolse frasi di benvenuto e lo condusse nell’orto dove gli preparò sollecita, acqua fresca e biada. D’ora in avanti avrebbe tirato l’aratro per lavorare il piccolo orto delle suore del convento, che non aveva nulla da invidiare a quello del suo ex padrone, anzi aveva un piccolo spazio dedicato alle erbe officinali.

Adempiuto il mio incarico, feci per salutare e congedarmi, ma la suora mi fermò, e con un sorriso mi disse: «Niente affatto! Ora lei mangerà qualcosa e si riposerà, poi riprenderà il viaggio.» Mi fu servito un pranzo con i fiocchi, che si concluse con un buon dolce, e dopo tanto camminare, vi assicuro che ci voleva proprio! Rifocillato, riposato e libero dalla presenza di Pasquale, salutai e mi diressi verso la stazione ferroviaria, dove salii su un treno che mi riportò a Siliqua. Trascorsi in famiglia il resto della serata e la giornata di domenica, raccontando l’avventura nei minimi particolari. Il lunedì successivo, di buon mattino, mi presentai al mio principale, che venendomi incontro mi chiese: «Allora, hai consegnato l’asino al convento?» Alla mia risposta affermativa esclamò: «Eh! Glielo dicevo sempre a Pasquale, se ti comporti bene, quando sarai vecchio, ti manderò all’ospizio dalle suore!»

Grazia Secci

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